Victorian beauty secrets

Victorian beauty secrets

“Non puoi farci niente. Gran parte delle ragazze si truccano con cosmetici in crema o in polvere; si scuriscono le ciglia con forcine bruciacchiate e prendono acqua di colonia su zollette di zucchero oppure un po’ di belladonna per avere gli occhi più lucenti. Clara ha provato anche l’arsenico per migliorare la sua carnagione, ma la madre gliel’ha proibito”.

Louisa May Alcott, Una ragazza acqua e sapone, 1870

L’esigenza estetica nasce spontaneamente in ogni donna come ricerca dell’armonia e nell’evoluzione delle pratiche di bellezza attraverso i secoli, possiamo rimirare lo specchio degli usi e dei costumi sociali di un determinato periodo storico. Per quanto riguarda la nostra epoca, il cambiamento sostanziale nella concezione dei trattamenti e dei prodotti cosmetici, lo dobbiamo alle innovazioni del XIX secolo e alle sue profonde contraddizioni sociali.

Nell’Ottocento, la mentalità progressista della rivoluzione industriale stava sviluppando le proprie radici in un terreno saldamente ancorato al passato e fondato su rigide regole religiose, determinante per il costume sociale del tempo, e caratterizzato da un forte senso del dovere e da un atteggiamento di rispettabilità e perbenismo. Con lo sviluppo delle industrie, in Europa e negli Stati Uniti nacque la borghesia imprenditoriale e con essa una nuova cultura fortemente influenzata dalle contraddizioni sociali tipiche del periodo Vittoriano.

In un periodo di cambiamento storico così importante, le donne appartenenti alla nuova classe emergente, la cui unica certezza riguardo al proprio ruolo nella società moderna è “contrarre un buon matrimonio”, si affidavano ai consigli e ai rimedi di bellezza contenuti nelle numerose pubblicazioni redatte da medici e da signore dell’alta borghesia, considerate autentiche esperte del settore.

La rigida moralità vittoriana imponeva un codice di comportamento fortemente condizionato dalla religione, per cui la donna doveva rispecchiarne tali valori adottando un atteggiamento consono al proprio stato sociale, sobrio e modesto nei costumi. Il candore naturale richiesto dall’aspetto, rimandava all’eterna immagine femminile di innocenza e fragilità. I canoni estetici dell’Ottocento si rispecchiano perfettamente negli effetti causati dalla tisi: magrezza, pelle diafana, occhi lucidi e dilatati, guance rosate e labbra rosse, causate dagli stati febbrili, fecero della consunzione una “malattia alla moda” da emulare con l’ausilio della cosmesi.

Nonostante fosse concesso l’uso del make-up no make-up, la pratica del trucco rimandava comunque all’immagine delle attrici e delle prostitute, malviste dalla buona società. Per rispettare il canone di bellezza imposto dal buon costume, senza scivolare negli eccessi del trucco “che maschera” ed evitando di contrarre la tubercolosi, c’era solo un modo per non rimanere zitelle: orientarsi sul mantenimento dello stato di benessere ottimale della cute utilizzando tutto ciò che poteva offrire il mercato. 

La skin care per l’incarnato perfetto si avvaleva in prevalenza dell’utilizzo quotidiano di creme idratanti e nutrienti come la cold cream, e l’applicazione delle maschere di bellezza. Al fine di minimizzare l’aspetto delle imperfezioni cutanee (soprattutto le lentiggini, considerate particolarmente antiestetiche), la diffusione del “fai da te estremo” portò le signore a sperimentare sostanze particolarmente aggressive e velenose come i derivati del piombo, il mercurio, il nitrato d’argento, l’arsenico e gli acidi, con conseguenze a breve e lungo termine che possiamo ben immaginare.

Con le nuove scoperte scientifiche, la disciplina igienica si configurò come campo specialistico della medicina, occupandosi dell’insieme di accorgimenti e conoscenze atti a favorire il mantenimento della salute. Le pratiche igienico-estetiche si svilupparono proprio dal connubio con la cosmesi: le innovazioni dei primi testi di igiene riguardarono in primis l’importanza della pulizia della pelle con l’uso di acqua e sapone, che ne avrebbe favorito le funzioni fisiologiche.

Avvalendosi della nascente tecnologia industriale, la ricerca di metodi sempre più efficaci funzionali al miglioramento della pelle, portò al confezionamento e alla produzione delle prime maschere igieniche o da toeletta, che dovevano permettere alle sostanze di agire in profondità e nel contempo consentire la traspirazione della cute.

La prima maschera a essere prodotta in serie e pubblicizzata fu la toilet mask, o face glove mask, che Hellen Rowley brevettò nel 1875; realizzata in gomma flessibile e classificata come “maschera per scopi medici” fu progettata per essere indossata “durante le ore di sonno” per almeno tre volte la settimana. L’effetto occlusivo della toilet mask dilatava i pori stimolando la sudorazione e favoriva l’incremento della circolazione cutanea. L’applicazione durante la posa di “unguenti o altri preparati medici sulla pelle del viso per la cura di eruzioni cutanee, macchie o altri difetti simili della carnagione come le lentiggini, i pori ostruiti e la congestione capillare”, la caratterizzò sia dal punto di vista funzionale, sia prettamente cosmetico. Sulla scia del grande successo del prodotto di Madame Rowley, altre signore seguirono questo esempio migliorandone la formulazione e orientandosi soprattutto verso il confort di indossabilità, indispensabile per una maschera che andava indossata così a lungo.

Se tutto ciò non sortiva gli effetti desiderati, rimaneva la classica bistecca di vitello da tenere rigorosamente in posa sul viso per tutta la notte.

Queste sperimentazioni furono importanti non solo per la ricerca cosmetica poiché negli anni ’30 del Novecento portarono alla formulazione del tessuto non tessuto sanitario, che rivoluzionò diversi tipi di mercato. Preparato con materie prime vegetali, minerali e sintetiche e sottoposto a processo di carbonizzazione che conferisce proprietà antibatteriche, il nonwowen, imbibito di ingredienti funzionali o cosmetici specifici ad azione mirata, ha la caratteristica di assorbire e conservare la miscela e di rilasciarla gradualmente una volta applicata sulla pelle.

È ormai chiaro che il tessuto non tessuto costituisce la base della nostra sheet mask, l’evoluzione contemporanea della maschera da toeletta di Madame Rowley: la sostanza si è evoluta, ma il principio nel tempo rimane sempre lo stesso.

 

 

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